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Des victoires de jeunes défaits

25 Avril 2024 , Rédigé par R.Baggio

11 juin 2023 : l’Italie est battue 1-0 par l’Uruguay en finale de la coupe du monde U20.

16 juillet 2023 : l’Italie U19 est sacrée championne d’Europe après sa victoire 1-0 contre le Portugal.

La Gazzetta a détaillé les effectifs de ces deux équipes, donc allons directement à la source, et nous pourrons vérifier, dans quelques années, ce que l’Italie du football aura fait de ses jeunes.

1) L'effectif des U19 en détail

2) Les protagonistes

3) L'effectif des U20 en détail

4) Leur valeur marchande

Ce dernier article permet de réfuter pour la énième fois l'argument fallacieux du jeune Italien trop cher. En 2023,

- trois joueurs valaient plus d'un million.

- trois joueurs valaient un million.

- trois joueurs valaient 800 000€.

- les sept autres joueurs valaient de 250 000 à 500 000€.

 

En août 2021, nous dressions un premier bilan de l’utilisation des U17 vice-champions d’Europe 2018 et 2019, et constations, sans surprise, le mépris des dirigeants des clubs italiens pour leurs jeunes lauréats, qui n'ont jamais coûté bien cher non plus :

 

U17, finalistes contre les Pays-Bas (2-2) le 20 mai 2018 :

- Russo appartient à Sassuolo. Aucun match en Serie A.

- Barazzetta, formé au Milan, a été vendu à Giana Erminio en 2020. Aucun match en Serie A.

- Armini appartient à son club formateur, la Lazio, et a joué 3 matchs en Serie A.

- Gozzi appartient à son club formateur, la Juve, et a joué un match en Serie A.

- Brogni appartient à son club formateur, l’Atalanta. Aucun match en Serie A.

- Leone appartient à son club formateur, la Juve. Aucun match en Serie A.

- Fagioli a fini sa formation à la Juve, à laquelle il appartient toujours. Aucun match en Serie A.

- Gyabuaa appartient à son club formateur, l’Atalanta, et a joué un match en Serie A.

- Ricci appartient à son club formateur, Empoli. Aucun match en Serie A.

- Vergani appartient à son club formateur, l’Inter, et a joué un match en Serie A.

- Riccardi appartient à son club formateur, la Roma. Aucun match en Serie A.

- Greco, formé à la Roma, appartient désormais à Pordenone. Aucun match en Serie A.

- Ponsi appartient à son club formateur, la Fiorentina. Aucun match en Serie A.

- Semeraro, formé à la Roma, appartient désormais à Ascoli. Aucun match en Serie A.

- Vaghi, formé à l’Inter, appartient désormais à Pro Patria. Aucun match en Serie A.

- Cortinovis appartient à son club formateur, l’Atalanta. Aucun match en Serie A.

- Gelmi appartient à son club formateur, l’Atalanta. Aucun match en Serie A.

- Rovella, formé au Genoa, appartient désormais à la Juve et a joué 22 matchs en Serie A.

- Mattioli appartient à son club formateur, Sassuolo. Aucun match en Serie A.

- Lorenzo Colombo, formé au Milan, a joué 5 matchs en Serie A.

 

U17, finalistes contre les Pays-Bas (2-4), le 19 mai 2019

- Molla appartient à son club formateur, Bologne. Aucun match en Serie A.

- Pirola appartient à son club formateur, l’Inter. Un match en Serie A.

- Lamanna, formé à la Juve, a été vendu à Novara en 2020. Aucun match en Serie A.

- Moretti appartient à son club formateur, l’Inter. Aucun match en Serie A.

- Udogie appartient à son club formateur, le Hellas, et a joué 6 matchs en Serie A.

- Dalle Mura appartient à son club formateur, la Fiorentina, et a joué un match en Serie A.

- Tongya, formé à la Juve, a été vendu cette année à l’OM. Aucun match en Serie A.

- Brentan, formé à la Juve, a été vendu à la Samp en 2020. Aucun match en Serie A.

- Panada appartient à son club formateur, l’Atalanta. Aucun match en Serie A.

- Cudrig, formé à l’Udinese, et passé par Monaco, est actuellement sans club. Aucun match en Serie A.

- Esposito appartient à son club fomateur, l’Inter, et a joué 7 matchs en Serie A.

- Riccio appartient à son club formateur, la Juve. Aucun match en Serie A.

- Sekulov, formé à Piancenza, appartient à la Juve. Aucun match en Serie A.

- Squizzato appartient à son club formateur, l’Inter. Aucun match en Serie A.

- Arlotti, formé à Monaco, joue aujourd’hui aux Etats-Unis. Aucun match en Serie A.

- Giovane appartient à son club formateur, l’Atalanta. Aucun match en Serie A.

- Gasparini appartient à son club formateur, l’Udinese, et a joué un match en Serie A.

- Bonfanti appartient à son club formateur, l’Inter. Aucun match en Serie A.

- Ruggeri appartient à son club formateur, l’Atalanta, et a joué 6 matchs en Serie A.

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Parole parole parole

9 Octobre 2023 , Rédigé par R.Baggio

Luigi Garzya, 25 mars 2022 :

Nei settori giovanili su una rosa di venti, tredici-quindici sono stranieri. E da noi oltretutto arrivano stranieri normali, che non fanno la differenza. In B ci sono calciatori che potrebbero tranquillamente giocare in A al posto di certi stranieri. Ad oggi mi sento di dire che se vogliamo rialzarci e cercare di avere un futuro, servono settori giovanili formati solo da italiani, almeno nella Primavera e negli Allievi. Gli italiani bravi ci sono".

 

Salvatore Bagni, 25 mars 2022 :

le società non hanno pazienza e quando i ragazzi arrivano in prima squadra devono poter sbagliare e invece si vuole tutto e subito. Non si fanno crescere, sei sempre sotto esame e se fai male esci e non sai quando rientrerai. In altri campionati i ragazzi giocano in pianta stabile anche se sono più giovani dei nostri"

 

Antonello Valentini, 25 mars 2022 :

C’è un 66% di giocatori di Serie A non selezionabili, perché stranieri. Nei campionati Primavera il 70% dei giocatori sono stranieri. O ci si dà una regolata tutti insieme oppure le cose non potranno che peggiorare.

 

Massimo Mauro, 26 mars 2022 :

Cos'è mancato, nelle stanze del comando?

"Il coraggio delle riforme che chiediamo da vent'anni. L'obbligo di almeno cinque italiani su undici in campo, e stadi di proprietà non paralizzati dalla burocrazia e dalla legge. I dirigenti federali ci prendono in giro da un'eternità, ricordo quando ne parlavo a Pescante e Carraro, inutilmente".

Anche lei crede che ci siano troppi stranieri?

"Certamente. Persino la Lega Pro ne è stracolma. Del resto, costano meno della metà degli italiani. Oggi, nelle prime squadre del campionato non abbiamo italiani nei ruoli chiave: portiere, centrale difensivo, centravanti. All'Europeo, il nostro uomo più prezioso era Spinazzola, il vero regista. Infortunato lui, il buio".

 

Arrigo Sacchi, 25 mars 2022 :

“Stiamo raccogliendo quello che abbiamo seminato; parliamo tanto, ma con le parole non si risolvono i problemi. Serve una visione più ampia della questione. Continuiamo a comprare stranieri e anche i settori giovanili sono pieni di ragazzi che vengono dall’estero: siamo sicuri che questa sia la strada giusta? O piuttosto è il problema?”. La verità è che il “calcio italiano è fermo al 2010”. Quello che è successo contro la Macedonia accade sistematicamente da dodici anni con le squadre di club.

 

Franco Causio, 28 mars 2022 :

Dovremmo investire sui settori giovanili e metterei un limite agli stranieri, con 7-8 italiani che devono giocare.

 

Billy Costacurta, 28 mars 2022 :

Il problema di fondo resta che comunque abbiamo generazioni di buoni giocatori e nulla di più. Il nostro calcio è pieno di giocatori stranieri che tolgono il posto agli italiani, anche perché alle società costano molto meno a livello fiscale. Ripenso a quando il presidente Berlusconi chiedeva: 'Chi ci manca della lista del Pallone d'oro?'. E poi comprava". In Nazionale ci sono giocatori che non hanno mai disputato neanche un minuto di Champions, ci sono il centravanti della Lazio e l'attaccante del Sassuolo. Le nostre squadre sono tutte uscite dalla grande Europa prima dei quarti.

 

30 mars 2022 : Giovanni Orfei ci dice: “Il problema è che nelle squadre Primavera giocano si e no il 30% di ragazzi italiani. Troppi stranieri che non fanno neanche la differenza è tolgono spazio hai nostri giovani”.

 

30 mars 2022 : Antonio Marini del Bevilacqua dice: “E’ fondamentale ripartire dai settori giovanili e poi limitare gli stranieri, non si possono vedere squadre Primavera con il 90% di giocatori stranieri”.

 

30 mars 2022 : Cristian Comencini : “Purtroppo non solo le squadre professionistiche schierano molti giocatori stranieri ma anche nei vari settori giovanili, vedi Allievi e Primavera, se ne utilizzano molti e questo è un male. Bisogna mettere dei paletti, ad esempio inserire nei nostri settori giovanili non ragazzi stranieri ma solo italiani”.

 

30 mars 2022 : Alberto Baù: “Dovremmo puntare sui calciatori italiani perchè abbiamo troppi stranieri”.

 

Francesco Franchi, 1er avril 2022 :

Questo va un pochino ricreato, lo dico a bassa voce. perché non va molto di moda. ma ci sono troppi stranieri, il loro minutaggio nelle serie professionistiche è troppo alto, bisogna fare riforme serie a livello federale.

 

Alexander Blessin, 1er avril 2022 :

Nei nostri campionati è presente un numero eccessivo di stranieri che talvolta hanno poca qualità: ciò intasa lo sviluppo del talento italiano che esiste ancora ma fatica ad emergere.

 

Franco Causio, 2 avril 2022 :

«Dobbiamo far giocare 5/6 italiani per squadra, altrimenti non andiamo avanti. C’è il 70% di stranieri nel nostro campionato ed è troppo, dovrebbe essere il contrario. E dovrebbero esserci stranieri che insegnano ai nostri italiani. Io ho giocato nel periodo in cui Franchi chiuse tutto, siamo arrivati quarti nel ’78 e abbiamo vinto nel 1982, un motivo deve esserci… Io ho paura che andando avanti così non ci qualifichiamo nemmeno per il prossimo Mondiale».

 

Filippo Maniero, 6 avril 2022 :

Troppi stranieri? Ai nostri tempi nello spogliatoio parlavamo in dialetto io, De Franceschi, Dal Canto, Pavan e chi più ne ha più ne metta. C’era una forte identità territoriale, cosa che adesso non c’è più. Non è solo un problema del Venezia, ci mancherebbe. Basta vedere domenica al Penzo quanti stranieri scenderanno in campo in Venezia-Udinese. Due babele di giocatori da ogni parte del mondo. Magari è più difficile creare un’identità in questo modo. Che senso ha portare giocatori stranieri di cui a fatica si conosce il nome?

 

Mauro Balata, 8 avril 2022 :

in B gli under 23 italiani sono il 37% del totale, i minuti effettivi giocati fino alla 32ma sono pari a circa un quinto del minutaggio totale, gli under 21 convocabili sono 7,4% e gli italiani presenti nelle squadre Primavera 2 sono il 90%.

 

Gabriele Gravina,  8 avril 2022 :

In A esistono le liste, ma è poco rispetto ad altre realtà a livello internazionale. Noi possiamo imporre e lo valuteremo insieme alle componenti, ma mi piacerebbe che al di là delle pacche sulle spalle ricevute l’11 luglio ci fosse dalla politica qualcosa di concreto. Il decreto Crescita ad esempio va calato nel mondo del calcio, qui avvengono delle distonie che non si possono accettare, serve un atto di responsabilità del Governo. E lo stesso vale per i finanziamenti su valorizzazione dei giovani.

 

Luca Marchegiani, 10 avril 2022 :

Il movimento è in crisi. Livello basso in C e in B e non eccelso in A. Troppi stranieri nei ruoli chiave. Ai nostri manca il vissuto delle grandi sfide della Champions. Abbiamo messo una pietra sopra all’eliminazione con troppa facilità. Vedo rassegnazione e la cosa è preoccupante. Il problema è del sistema. Gli ultimi Mondiali non possono essere frutto del caso.

 

Fabrizio Corsi, président d'Empoli, 25 avril 2022 :

Siamo la città più piccola del campionato, che fa giocare più italiani, più giovani e più giocatori che vengono dal proprio settore giovanile. Io penso che più della meta’ degli stranieri in Italia non hanno senso, perché così si tarpano le ali ai nostri talenti. Noi abbiamo una Primavera campione d’Italia, in cui ci sono almeno un paio di ragazzi che spero saranno il nostro futuro. Io imporrei una presenza di 5 giocatori italiani in campo, lo diro’ anche nel comitato delle riforme in cui sono stato inserito.

 

Umberto Calcagno, 2 mai 2022 :

Dopo l'esclusione dal Mondiale in Russia avevamo notato una sensibilità maggiore rispetto ai giovani italiani da parte delle nostre società, salvo poi tornare indietro nuovamente. Mettiamoci pure che anche la B è arrivata al 30% di minutaggio dei calciatori stranieri. Squadre come l'Udinese schierano sempre un undici senza calciatori selezionabili, siamo di fronte a una norma che discrimina i calciatori che competono già in Italia.

 

Domenico Giacomarro, 3 mai 2022 :

Il livello del calcio italiano si è abbassato. Troppi stranieri. Ripartire dai giovani.

 

Giorgio Perinetti, 18 mai 2022 :

Legittimamente ciascuna proprietà sceglie il proprio percorso, a Venezia si è proseguito su certe convinzioni puntando tutto sui giocatori stranieri con le varie incognite del caso legate alla capacità di adattamento di questi ragazzi agli aspetti tecnico-tattici, ma molto prima agli usi e costumi di un territorio per loro nuovo. I calciatori italiani, al di là del loro talento, sono mentalmente più predisposti e avvezzi alla battaglia, sentono più l’attaccamento alla maglia ed essendo orgogliosi fanno di tutto per evitare di retrocedere. Nel Venezia a mio avviso è mancato tutto questo e la non compattezza tra le varie nazionalità ha fatto il resto. Un consiglio? Serve più unità d’intenti dentro e fuori dal campo.

 

Luciano Moggi, 24 mai 2022 :

Ormai il DNA juventino si è dissolto forse a causa dei troppi stranieri che in essa trovano spazio.

 

Zdenek Zeman, 25 mai 2022 :

Per me si gioca troppo e ci sono troppi stranieri.

 

Luciano Foschi, 26 mai 2022 :

Guardando anche i nostri campionati principali si vede giocare tanti, a mio avviso troppi stranieri, tutti sono superiori ai nostri? Secondo me, a volte alcuni sono inutili. Sarebbe un passo in avanti stabilire una quota si sei giocatori italiani per squadra.

 

Claudio Gentile, 3 juin 2022 :

L'unica scusante che concedo al ct è la difficoltà a trovare giocatori italiani in Serie A -aggiunge Gentile-. Abbiamo 2/3 di stranieri nel campionato italiano, se non si inverte la tendenza il futuro sarà sempre più buio.

 

Gionatha Spinesi, 15 juin 2022 :

Nazionale italiana? Va riformato tutto il sistema, c’è troppo un mercato libero. Ci sono troppi stranieri che giocano in Italia come in Europa. Servirebbe riportare ad un numero adeguato di stranieri che possono giocare nel nostro campionato così da obbligare le squadre a puntare sui settori giovanili.

 

Giampiero Marini, 17 juin 2022 :

Il movimento calcistico italiano va riformato. Troppi stranieri anche nei settori giovanili?

"Sfonda una porta aperta. Sono anni che la situazione è questa e mai nessuno ha fatto nonostante avessero posto critiche su queste questioni. Ormai il dado è tratto e tornare indietro è impossibile. Ho fatto il responsabile di settore giovanile per tanti anni e ho la situazione ben presente. I giocatori stranieri in prima squadra o di una Primavera sono 10-15 e gli italiani hanno grosse difficoltà; ci sono 2-3 italiani e basta nelle squadre ma è un problema che Federazione e Lega si trascinano da anni; ora la Fifa dice che vanno cambiate le regole, ma è tardi. Vanno fatte comunque delle riflessioni. Per rimediare a questo mondiale passeranno decenni. Negli anni Novanta è iniziato questo problema e non si è fatto niente.

 

Luciano Moggi, 24 juin 2022 :

Bisogna evitare di portare stranieri a gettito continuo nei nostri campionati, non è tollerabile vedere dieci undicesimi stranieri in una squadra, quando poi la maggior parte di loro non sono all'altezza dei nostri ragazzi. Quindi il problema principale non sono gli allenatori, ma l'importazione di stranieri che vengono scelti al posto degli italiani solo perché costano di meno e non c'è bisogno di fideiussioni, ma bastano assegni. Le società sono favorite da un punto di vista economico. In Serie A abbiamo oltre 360 stranieri, e non credo che tutti questi siano all'altezza di stare nella nostra massima categoria. Il problema, dunque, non sono gli istruttori né i formatori delle Primavera.

 

Carlo Nesti, 29 juin 2022 :

Ma Dio voglia che sia posto un limite all’invasione barbarica degli stranieri nei nostri settori giovanili. Non è razzismo, ma pari opportunità.

 

Sandro Pocheschi, 26 juillet 2022 :

Ci sono, attualmente, le condizioni per vedere nuovi Tonali in Serie A?

“Secondo me, invece di andare avanti, stiamo andando indietro. Ci sono troppi stranieri nei Settori Giovanili. I giovani italiani di qualità non vengono più considerati”.

 

Gianni Rivera, 13 août 2022 :

Su da cosa deve ripartire l'Italia: "Dai giovani. Forse ci sono troppi stranieri, di sicuro dobbiamo puntare sui ragazzi. Non è vero che non nascono più campioni.

 

Luciano Moggi, 18 août 2022 :

“In Italia, ma non solo da noi, ci sono troppi stranieri e, brutto da dire, la maggior parte di loro non sono all’altezza delle attese formulate alla vigilia. In media, nelle “rose” dei nostri club figurano almeno una decina di non italiani, d’accordo, pagati meno, però, il loro impiego come titolari non lascia il posto ai nostri giovani talenti. I quali potrebbero avere una valenza futura per la nostra Nazionale”. Il loro arrivo, come ha avuto modo di raccontarci un paio di estati fa, proprio qui, a Monticiano, direttore, fanno lievitare gli abbonamenti dei nostri club… “Sono i giornali che pompano la loro immagine, il pubblico si enfatizza, gli abbonamenti salgono, e, poi, la maggior parte dei tifosi rimangono delusi. La conseguenza? Non ci sono più giocatori capaci di rivestire un ruolo specifico, così la Nazionale Italiana ha da pescare meno materiale umano nostrano in serie A o in serie B”.

 

Vito Tisci, président du secteur jeune et scolaire, le 3 septembre 2022 :

Il nostro lavoro ha come obiettivo quello di far crescere il maggior numero di ragazzi, stiamo lavorando con tutte le componenti federali, ma in Primavera vediamo ancora troppi stranieri.

 

Vito Tisci, 8 septembre 2022 :

Il nostro lavoro ha come obiettivo quello di far crescere il maggior numero di ragazzi, stiamo lavorando con tutte le componenti federali, ma in Primavera vediamo ancora troppi stranieri.

 

Stefan Schwoch, 14 septembre 2022 :

«Falsa partenza del Venezia? La Serie B è una brutta bestia. La politica societaria? Hanno mandato via l’allenatore, il ds, il vicepresidente, il direttore dell’area tecnica. La perdita di Poggi, in particolare, la considero molto pesante. In definitiva hanno mandato via tutti gli italiani che lavoravano nel club. Mi sembra stiano commettendo gli stessi errori dell’anno scorso. Troppi stranieri, troppi giocatori che devono capire il campionato e che avranno bisogno di tempo per adattarsi. La mia domanda è: il tempo per aspettarli c’è?.

 

Fabio Cannavaro, 22 septembre 2022 :

Italia fuori dai Mondiali, troppi stranieri in serie A?:

"Sicuramente sì, gli italiani sono pochi e il mister deve poter scegliere. Nel 2006 i numeri erano invertiti, è un po' tutto il mondo ad andare in questa direzione. Si può modificare, magari queste agevolazioni fiscali che aiutano i club a tesserare gli stranieri possono valere per far prendere il passaporto dopo cinque anni e per poterli far giocare per la Nazionale italiana, visto che noi gli diamo la possibilità di giocare in Serie A. L'Italia deve cambiare, se no la FIFA dovrà aumentare il numero di partecipanti a 100 o non ci andremo più".

 

Ulivieri, 22 septembre 2022 :

Come può ripartire il calcio italiano? Cambiare i giocatori che hanno vinto l’Europeo non è mai stato facile per nessuno, bisognerebbe essere freddi e cinici ma gli allenatori hanno anche un cuore. Sul mercato troppi stranieri? Servirebbe un patto d’onore tra presidenti di Serie A, ma mi sembra difficilissimo: una strada potrebbe essere questa.

 

Franco Causio, 24 septembre 2022 :

Italia vittoriosa sull'Inghilterra, i problemi sono risolti?

"Abbiamo il 75% di stranieri in Serie A, ma dobbiamo dare tempo a Mancini. Ai giovani va data fiducia, facendoli giocare. C'è poco altro da fare"

 

Franco Baresi dans Sofoot, le 8 novembre 2022 :

Comment expliques-tu cette non-qualification pour le Qatar ?

Je pense que l’on paye le fait d’avoir un peu trop d’étrangers dans notre championnat. Au sein de nos grandes équipes, la Juve, l’Inter, le Milan, le Napoli, combien de joueurs italiens sont titulaires ? Un, deux, peut-être trois. Du coup, le choix pour le sélectionneur est restreint, il doit aller piocher à Sassuolo, et donc le niveau d’expérience internationale est forcément moindre. À mon époque, il y avait moins d’étrangers en Serie A, et les Italiens jouaient dans les grands clubs. Le niveau de la Nazionale était de fait plus élevé. Mais nous avions aussi un peu plus de courage avec nos propres jeunes.

 

Mais du coup, tu englobes aussi le Milan dans cette situation. Tu en as déjà parlé à Maldini ?

Oui, nous le savons, tous les clubs le savent. Le problème, c’est l’exigence de la réalité. Personne n’a la patience parce qu’il faut gagner tout de suite. Les supporters voudraient plus d’Italiens dans l’équipe, mais ensuite, si ton équipe n’est pas compétitive et perd pendant que tu tentes de reconstruire, ce sont eux qui ne seront pas contents. Je pense que ces dernières années, le Milan a tout de même réussi à ouvrir un cycle intéressant, en ne dépensant pas des sommes énormes, mais en investissant de manière intelligente.

 

Franco Causio, 14 novembre 2022 :

Ad esempio io dico che nel nostro campionato ci sono troppi stranieri, a scapito dei nostri giovani, dai quali invece bisogna ripartire per rilanciare il calcio azzurro.

 

Gigi Riva, 16 novembre 2022 :

Non esiste che l’Italia sia di nuovo fuori dal Mondiale, ma non me la sento di dare colpe a Mancini perché da noi ci sono troppi stranieri ed è sempre più dura mettere insieme undici buoni giocatori, se non si trova un rimedio per far giocare più italiani.

 

Edy Reja, 15 novembre 2022 :

I settori giovanili in Italia sono composti quasi interamente di stranieri. In passato c’erano blocchi di Juventus, Inter e Milan, ora Mancini deve pescare dappertutto, sono pochi i giocatori di squadre con esperienza internazionale.

 

Ivano Bordon, 18 novembre 2022 :

Eravamo tutti italiani, vivevamo sensazioni all’unisono, soffrivamo uno per l’altro e ci aiutavamo sempre. Oggi non è pensabile che una squadra tutta italiana riesca a vincere lo scudetto. Ci ritrovavamo anche con le famiglie fuori dal campo, la cena del giovedì era il nostro appuntamento fisso e quella sera mettevamo le basi per andare a vincere la partita della domenica. Oggi? Ci sono troppi stranieri che occupano i posti che dovrebbe essere dei nostri ragazzi italiani. I presidenti delle società e la Lega dovrebbe tenere sotto controllo tutto questo, solo così si può pensare di salvare il calcio italiano.

 

Carlo Tavecchio, 23 novembre 2022 :

A Radio Punto Nuovo, nel corso di Punto Nuovo Sport Show, è intervenuto Carlo Tavecchio, ex presidente FIGC: "Stare sul divano a vedere un Mondiale senza l'Italia è un rammarico che hanno 50 milioni di italiani. Ora bisogna concepire un piano di rinascita ed è un piacere vedere Gravina che vuole rilanciare i centri di formazione federali. Va messo un tetto però all'utilizzo degli stranieri in Serie A, devono esserci almeno 5 italiani in squadra. Basta vedere anche come sia cambiata la presenza di alcuni dei nostri reparti migliori. Abbiamo sempre avuto una grande tradizione di portieri, ora in Serie A ci sono quasi solo portieri stranieri. Stesso dicasi per gli attaccanti: siamo praticamente senza un centravanti di grande livello nei nostri top club e in Nazionale lo si vede. Mancini è uno dei tecnici più validi del Paese, lo dimostrano i suoi risultati.

Ora avrà lui questa grossa responsabilità per rilanciare la Nazionale. Non è facile, però, perché gli stranieri affollano le nostre squadre già dalle Primavere e a Mancini manca il materiale con cui lavorare. La Serie A non cambierà mai? Il nostro calcio deve fare i conti con costi mastodontici e problemi economici seri. La riforma proposta al tempo prevedeva un girone a 18 squadre in A, uno da 18 in B e 2 da 18 in Serie C. Questo riduceva a 70 le squadre professionistiche, uniformandoci anche alle altre federazioni europee. Il problema è economico, ripeto: se non si farà qualcosa di concreto, ci aspettano tempi ancora più duri".

 

Massimo Mauro, 7 février 2023 :

Servono gli elementi giusti e adesso vedere la Juventus con pochi italiani è strano. Ci sono i giovani, certo, ma se nello spogliatoio la lingua più parlata diventa lo spagnolo oil portoghese, allora è tutto più difficile. Non dico di chiudere le frontiere, per carità, però per anni la Juventus ha rappresentato l’ossatura della Nazionale e deve tornare a essere così:ripeto, il senso di appartenenza serve, l’attaccamento alla maglia non è solo una frase fatta“.

 

Gabriele Gravina, 21 février 2023 :

Gravina a de nouveau évoqué son projet hier :

Non sono preoccupato dall'esistenza del talento, ma del fatto che il talento non incontra mai l'opportunità. Obbligare ad aumentare il numero di italiani in rosa non è in linea con il mio modo di pensare. Di sicuro, però, la formula 4+4 (4 giocatori di formazione nel vivaio del club e altri 4 formati nella federazione, ndr) lo ritengo basso. Dovremmo lavorare su un graduale aumento. Può essere una soluzione, ma non l'unica.

 

Gian Piero Gasperini, 23 février 2023 :

La qualità è scesa, si è fatto l'errore di non coltivare il nostro prodotto. I bambini a calcio ci giocano, evidentemente siamo noi a non creare le strutture, a sbagliare. Tanti giocatori mediocri sono arrivati dall'estero ad abbassare il livello, ci sono anche aspetti economici ma non dobbiamo nasconderci dietro di essi. Facciamo anche ammenda.

 

Andrea Abodi, ministre des sports, le 23 mars 2023 :

Nei prossimi giorni inizierò a dialogare con la Lega Calcio anche per definire quello che la legge Melandri aveva stabilito, cioè la distribuzione di risorse finanziarie, ovvero il 5% dei diritti televisivi, in funzione del coinvolgimento dei giovani in campo.

 

Luca Marchegiani, 24 mars 2023 :

Io auspico un accordo per creare più convocabili nelle nostre squadre. Non si può fissare un tetto agli stranieri, ma nulla impedisce una lega di stimolare l’impiego dei giocatori eleggibili in Nazionale.

 

Pietro Vierchowod, 29 mars 2023 :

Il problema? Troppi stranieri. Perché devo andare a prenderli? Una volta i migliori al mondo volevano venire a giocare qua, ora non più. Ai miei tempi arrivavano Zico, Falcao, Maradona, gente da cui imparare. Da quelli che arrivano ora non si impara nulla. Retegui? Abbiamo visto anche altri giocatori fare bene all'inizio, è presto per fare paragoni e tirare somme. Noi in tanti ruoli siamo scoperti, le grandi squadre hanno solo stranieri, è difficile per un ct in questo modo. Se non fai giocare i giovani e si ha paura... E non è vero che costano meno gli stranieri. Faccio fatica a indicare 5 giocatori pronti per la Nazionale, alcuni imparano ma poi vanno a giocare altrove.

 

Roberto Mancini, 30 mars 2023 :

Credo siano già molti anni che questo problema esiste, ora è solo più grande. Quando giocavo io erano pochi gli stranieri, ora è il contrario. Abbiamo difficoltà nel trovare talenti. Il problema maggiore, poi, è la possibilità che i giovani hanno di esprimersi. Se uno è giovane ma ha qualità deve avere la possibilità di giocare, di fare i suoi errori e poi avere altre chance. Nel mio lavoro cerco di fare questo perché in Italia ci sono tanti giovani e se gli danno modo di esprimersi ci daranno grande soddisfazioni. Prima di tutto cerco la qualità tecnica e poi anche il modo di comportarsi con i compagni. Prendo ad esempio le convocazioni per l’Europeo vinto, c’erano tanti bravi giocatori che sono rimasti fuori e meritavano di esserci, ma in quel caso facemmo delle scelte anche in base alle caratteristiche comportamentali che ci hanno portato a vincere un campionato d’Europa quasi impossibile.

 

Roberto Mancini, 14 avril 2023 :

Nel nostro campionato giocano troppi stranieri e così risulta complicato anche il compito dei selezionatori delle nazionali azzurre quando è il momento di fare le convocazioni. Per la nostra Nazionale è chiaramente un problema e un limite per lo sviluppo dei calciatori italiani.

 

Umberto Calcagno, président de l’AIC, le 24 avril 2023 :

Nel 2006 il CT della Nazionale poteva contare sul 70 per cento di calciatori italiani in Serie A, oggi abbiamo il 65 per cento di stranieri. Non è una lotta allo straniero ci mancherebbe, ma ci siamo confrontati sulla necessità di rivedere tutta la filiera federale. La vera riforma che si aspetta il nostro sistema è tecnico-sportiva, non nei format o nella riduzione delle squadre.

 

Giovanni Galli, 1er mai 2023 :

E allora mi chiedo se la governance è consapevole che, proseguendo con questa politica degli stranieri, non si ledono gli interessi delle formazioni azzurre. Ritengo che la vittoria all’Europeo sia stata un’eccezione, tra le cose da fare occorre cambiare la fiscalità perché se una squadra italiana acquista un calciatore da un’altra squadra italiana lo paga il prezzo del cartellino più il 22% di Iva mentre lo stesso giocatore se vai a prenderlo all’estero risparmi l’imposta.

 

Gabriele Gravina, 12 mai 2023 :

So che Roberto vive momenti di difficoltà, per quelle che ha il calcio italiano nell'arrivare all'obiettivo del 70 per cento di convocabili nei club. Oggi siamo al 30 per cento. Lo dico perché, nell'esaltazione dei tifosi per le cinque squadre in semifinali, dobbiamo capire che l'equazione chi più spende più vince è saltata: E tante squadre stanno trovando grandissima soddisfazione grazie ai loro giovani.

 

Gabriele Gravina, le 12 juin 2023 :

Lecce Campione con un undici interamente straniero? Non è stato uno spot positivo per la valorizzazione dei giovani italiani. Spero si possa arrivare all’adozione di alcune norme, per rendere più opportuna la partecipazione dei talenti italiani. Valorizzare un 11 totalmente straniero credo che sia un errore di metodologia e di valorizzazione, di innovazione all’interno del mondo del nostro calcio.

 

Luciano Moggi, le 17 juin 2023 :

Era bastata la qualificazione di tre club italiani alle finali europee: l’Inter in Champions, la Roma in Europa League e la Fiorentina in Conference, per rivedere titoloni nelle prime pagine dei giornali inneggianti alla tanto agognata rinascita del calcio italiano.

Ciò nonostante noi abbiamo sempre predicato cautela, poiché ritenevamo trattarsi di fenomeno che non avesse niente a che vedere con la crescita del nostro calcio, magari dipeso più dal buon lavoro e da migliori scelte esterofile di alcune società italiane che, nello stesso tempo, stavano però esagerando nell’impiego di giocatori stranieri. In alcune squadre addirittura 10 su 11, fenomeno questo che impediva la crescita dei nostri giovani, raramente impegnati in pianta stabile. Al punto che, per spiegare le tattiche ai giocatori che scendevano in campo ci volevano più gli interpreti degli allenatori, non era importante la conoscenza dell’inno di Mameli, più importante che avessero nonni italiani. E abbiamo sempre sostenuto che di questo fenomeno a soffrirne sarebbe stata la nostra nazionale, che porta nel mondo l’immagine del nostro calcio.

 

Lorenzo Casini, président de la Lega, le 26 juin 2023 :

Credo che sia giunto il tempo di lavorare con l'Uefa e con la Commissione Europea per rivedere le conseguenze della sentenza Bosman. Non dico si possa tornare a un massimo di tre stranieri, però mettere un limite più severo è nell'interesse di tutti". Così Lorenzo Casini, presidente della Lega Serie A, ospite di Radio Anch'io Sport su Rai Radio 1, sull'ipotesi di introdurre un "luxury cap" per chi ha tanti stranieri. "Per il campionato Primavera siamo riusciti a introdurre delle regole che andranno già dalla prossima stagione ed entro tre anni ad avere un'ampia maggioranza di giocatori italiani.

 

Andrea Abodi, le 18 août 2023 :

Abbiamo fatto una norma per fare rientrare i “cervelli” italiani e la usiamo per fare entrare i giocatori stranieri. E’ arrivato il momento di analizzare i numeri, di confrontarci con la Federazione e, principalmente, con la Lega Serie A per trarre le opportune conclusioni sulla sua efficacia e utilità. Così come interverremo sulla definizione del 5% dei diritti tv da destinare alla valorizzazione dei giovani.

 

Arrigo Sacchi, le 6 novembre 2023 :

Sono stati acquistati troppi stranieri. Chi viene dall’estero ci mette del tempo per capire il nostro campionato, il gioco, le metodologie. Questi ragazzi sembrano confusi e il risultato è che il Milan non è sempre una squadra.

Tutto diventa difficile, perfino dialogare con i giocatori perché non si parla la stessa lingua.

 

Claudio Ranieri, le 20 novembre 2023 :

In Italia abbiamo tantissimi stranieri e i giocatori italiani che vogliono emergere fanno un pochino più fatica. Stiamo vedendo Raspadori, Frattesi, giocatori in rampa di lancio, stanno facendo bene e sicuramente saranno dei punti fondamentali per la Nazionale del futuro. Ma molti giocatori sono un pochettino chiusi da tanti stranieri che abbiamo.

 

Arrigo Sacchi, le 21 novembre 2023 :

Dobbiamo avere il coraggio di guardare alle altre realtà e, se possibile, prendere spunto. Nel nostro campionato ci sono troppi stranieri che chiudono gli spazi ai giovani. Bisogna investire sugli allenatori, organizzare corsi specializzati, formarli. E poi saranno loro a scegliere i giocatori da crescere. La Francia è riuscita ad abbinare scuola e calcio, ed è arrivata lontano. Cerchiamo di seguire quella strada.

 

Ariedo Braida, le 25 novembre 2023 :

C'è anche un altro problema: giocano troppi stranieri e la nostra Nazionale ne risente.

 

Arrigo Sacchi, le 24 décembre 2023 :

A mio avviso nel mercato estivo. Sono stati acquistati soltanto giocatori stranieri, che non venivano da esperienze brillanti e, in più, dovevano abituarsi al calcio italiano. Ma lo vogliamo capire che per un ragazzo che arriva dall’estero è complicato sintonizzarsi sulla nostra lunghezza d’onda? Hanno avuto difficoltà anche grandissimi campioni. Se costruisci una squadra completamente nuova e basata sugli stranieri, sarebbe necessario avere pazienza. Ma la pazienza nel calcio, si sa, è una merce rara.

 

Alessandro Bonan, journaliste à Sky Sport, le 29 décembre 2023 :

L’abolizione del decreto crescita impone alle società di lavorare meglio con i giovani fatti in casa e a non importare una quantità spropositata di stranieri mediocri. Altro che campioni!

 

Arrigo Sacchi, le 3 janvier 2024 :

Oltre agli infortuni, credo che un’altra causa siano i tanti stranieri in rosa. Non è facile assemblare una squadra con pochi italiani. Ci vuole un periodo di adattamento per tutti al calcio italiano. Quando il Milan riesce a giocare da squadra, può battere chiunque. Bisogna lavorare molto in allenamento sulla testa dei ragazzi.

 

Riccardo Maspero, le 6 février 2024 :

In Italia ci sono troppi stranieri e in questo momento alla Fiorentina mancano gli uomini di qualità. Oggi i calciatori si trovano soltanto agli allenamenti e alle partite, un tempo invece facevamo cene ogni settimana. In Italia è sparito lo spirito di squadra.

 

Dario Hübner, le 26 février 2024 :

Troppi stranieri in Primavera. E l’Italia non ha più attaccanti.

 

Umberto Calcano, 18 mars 2024 :

Una norma fiscale dal 2019 fino al 2024 e anche la struttura dello scouting ci hanno portato a un minutaggio molto vicino al 70% di giocatori non selezionabili. Oggi la Serie A ha un'impostazione esterofila, dobbiamo guardarci all'interno del nostro mondo quando eravamo un calcio vincente e competitivo, anche a livello di fatturato. Dobbiamo ricreare un sistema nostro interno che sia differente da quello che stiamo vivendo.

 

Stefano Sorrentino, le 17 avril 2024 :

Però anche l'Udinese non se la passa benissimo e ha troppi stranieri. Avere uno zoccolo italiano in più aiuterebbe in certe situazioni.

 

Arrigo Sacchi, le 17 avril 2024 :

Spalletti deve fare miracoli. Le squadre sono piene di stranieri e non abbiamo mai dato uno stile alla nostra nazionale.

Detto questo io non sono tanto felice quando comprano troppi stranieri, sono più felice quando fanno giocare gli italiani.

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La grand'inversione

6 Juillet 2023 , Rédigé par R.Baggio

9 mars 1908 : le Foot-Ball Club Internazionale voit le jour. Le deuxième club milanais revendique son cosmopolitisme, et s’oppose ainsi au club historique, le Milan Cricket, qui se conforme à la nouvelle règle édictée par la fédération italienne, interdisant le recrutement de nouveaux joueurs étrangers.

Pendant un siècle, chaque club perpétuera son identité, y compris durant la première décennie post-arrêt Bosman. Le début des années 2010 permit néanmoins d’observer une inflexion de la politique milaniste : le remplacement des cadres italiens par des étrangers – Maldini par Thiago Silva, Gattuso par Muntari, Ambrosini par De Jong, entre autres – annonçait la désitalianisation progressive de l’équipe dans les années 2010, accentuée le 13 avril 2017 par la vente du club à Sino-Europe Sports Investment Management Changxing Co, repris un an plus tard par le fonds Elliott, puis par Redbird le 1er juin 2022.

 

Peu soucieux des considérations patriotiques qui avaient construit les succès milanistes pendant plus d’un siècle, et contribué à l’attachement des supporters au club, les fonds d’investissement américains n’ont cessé de clamer leur intention louable d’assainir les comptes, mais aussi de privilégier la rentabilité à l’aspect sportif. Si le fonds Elliott avait tâché de soigner sa communication en confiant à Paolo Maldini le poste de directeur sportif en juin 2019, Gerry Cardinale, patron de Redbird, ne s’est pas encombré des mêmes égards, en limogeant le même Maldini cet été, avant de pousser Sandro Tonali, milaniste depuis l’enfance, au départ.

Quelques jours plus tard, l’Internazionale, battu de justesse en finale de la ligue des champions le 10 juin dernier, recrutait son sixième titulaire italien pour 27 millions d’euros : Davide Frattesi. Avant la clôture du marché des transferts, il est donc vraisemblable que l’Inter alignera bien un 6+5 la saison prochaine, à la surprise générale, au moment où le Milan semble sur le point de présenter une équipe 100% étrangère, à moins que Davide Calabria ne conserve sa place dans l’équipe type. Si l’inversion des valeurs ne peut que frapper les esprits, la dissemblance des ambitions n’en est pas moins flagrante : l’Inter visera le titre et la victoire en ligue des champions, alors que le Milan prétendra à la quatrième place, et à la revente rapide des jeunes talents qu’il aura peut-être dénichés avant ses concurrents.

 

Plus généralement, les supporters auront perdu vingt-cinq ans d’histoire, quinze ans d’avenir, un siècle d’aura et de standing, et déploreront l’avènement d’un Milan Canada Dry, toujours plus proche des banques que du football, toujours plus loin des cœurs que des ventres. Si l’Internazionale s’est rapprochée du peuple et de sa nation, le club rossonero, en perpétuel mouvement, n’a jamais aussi bien porté son surnom d’AC Migrant.

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Le football du peuple

19 Décembre 2022 , Rédigé par R.Baggio

 

Si besoin était, la dernière édition de la Coupe du Monde a rappelé que le football des nations était bien le football des peuples. Quand représentation, transcendance, patriotisme et football s’entremêlent, les peuples se lèvent pour applaudir. 23,5 millions de Français ont assisté à la finale, soit 80,3% de PDA : record d’audience dans l’histoire de la télévision hexagonale, qui vient clôturer une compétition plébiscitée partout dans le monde.

En Italie, malgré l’absence de la Nazionale, les scores attinrent des sommets : la demi-finale France-Maroc a réuni 11,8 millions d’Italiens devant leur écran, soit 49,5% de PDA (50,4% en deuxième mi-temps). Sans surprise, la finale a rallié davantage de suffrages : 13 millions de téléspectateurs pour 60,8% de PDA, 16,1 millions (74,3%) pour les prolongations et les tirs au but.

Il y a quatre ans, les Italiens, déjà privés de Nazionale, avaient suivi comme jamais le mondial russe, avec 4 millions de téléspectateurs en moyenne sur l’ensemble de la compétition, contre 3,5 quatre ans plus tôt.

 

Loin de toute mercenarité, loin de la versatilité et de l’inconstance inhérentes au football des clubs et de la finance, les joueurs, qui prennent habituellement part à ce système mondialiste, ont retrouvé un temps leur âme, et sans doute une part de l’innocence qui les attirait enfants vers le sport du peuple. Comme nous, ces joueurs ont collectionné les images panini, placardé sur les murs de leur chambre les posters de Maradona, Baggio, Zidane, Batistuta, Ronaldo, Maldini. Comme nous, ils ont rêvé au panthéon footballistique, auquel seuls les Mondiaux donnent accès. Comme nous, ils ont entonné leur hymne national devant leur téléviseur, avant de nous montrer leur fierté d’être argentins, français, brésiliens, allemands, portugais, uruguayens, costariciens, états-uniens, gallois, mexicains, polonais, australiens, japonais, canadiens, sud-coréens, néerlandais, équatoriens, anglais, saoudiens, danois, camerounais.

Les onze titulaires de chacune de ces équipes ont chanté l’hymne à l’unisson, et globalement, ce sont 94% des joueurs qui ont chanté leur hymne avec leur peuple, avec une ferveur plus évidente encore chez les Sud-Américains, comparable à celle des Italiens lors du dernier championnat d’Europe.

Qu’avons-nous de commun avec ces vedettes, hormis l’hymne et le drapeau ? C’est le paradoxe du football, qui éloigne par l’argent le peuple de ses idoles, et qui peut aussi les réunir autour de l’idée de nation.

 

Messi incarne si bien ce paradoxe : dieu vivant pour les uns, joueur de football talentueux à la personnalité fade et ennuyeuse pour les autres, il débarqua à Barcelone à l’âge de 13 ans, pour raisons médicales, et pour devenir footballeur professionnel. Loin de ses racines et de son peuple paupérisé, il devint en Europe le meilleur joueur du monde, sans frasques, sans se départir d’un jeu simple et efficace, sans jamais renoncer à son objectif ultime : remporter la Coupe du Monde avec l’Argentine. La finale perdue au Brésil et les soupçons infondés de désintérêt pour la sélection l’ont décontenancé quelques mois, mais l’instinct patriotique a prédominé, et Messi le sauveur a porté avec brio une équipe avare en talents vers la victoire à la Copa America 2021, dont il finit meilleur joueur, meilleur passeur et meilleur buteur. Hier soir, à 35 ans, pour sa cinquième et ultime participation au seul tournoi qui le fuyait depuis toujours, Lionel Messi a écrit la plus belle page de son histoire, en remportant sa Coupe du Monde, dont il fut meilleur joueur, meilleur passeur et deuxième buteur. Surtout, il fut, du premier au dernier match, le grand artisan du succès d’une équipe limitée mais dévouée à son homme providentiel, aujourd’hui enfin consacré par la reine des compétitions. Par cette victoire, Messi a scellé son lien avec l’histoire du football, avec l’histoire de l’Argentine et du peuple argentin.

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Une question de temps

25 Juillet 2022 , Rédigé par R.Baggio

En ce temps-là, Mammon dit à ses disciples : il était un monde de progrès ; un monde d’harmonieuse mixité, de joyeuse confusion et de patrimoine en sempiternelle reconstruction ; un monde de déplacement et de consommation instantanés, auquel nul n’échappait, même les pauvres, bien qu’ils n’en fussent jamais bénéficiaires. En somme, il était un monde où la minorité imposait à la majorité une culture de la jouissance immédiate à géométrie invariable.

Le petit peuple majoritaire avait beau clamer son attachement viscéral à ses racines, à ses coutumes, à sa terre, à son indépendance ; des petits hommes gris lui rappelaient sans cesse, ad baculum, qu’il était impératif de substituer à ces considérations rances et nauséabondes la seule vertu progressiste autorisée dans le monde moderne : consommer, et consommer vite.

 

Le lecteur averti établira d’emblée le lien entre ce préambule et la situation actuelle du football mondial en général, italien en particulier. Si le vingtième siècle permit l’existence d’un football des cultures enracinées, le vingt-et-unième les abrogea pour laisser place au football apatride, aculturé, exclusivement pécuniaire, dont l’aboutissement sera vraisemblablement, à terme, la concrétisation du projet Superligue. Paradoxalement, la résistance provisoire de quelques grands clubs séculaires, comme le Milan, le Bayern ou le FC Barcelone, aura quelque peu retardé la victoire totale du football à courte vue, dit moderne, sur son grand rival. En d’autres termes, le football du temps court aura dû patienter quelques années pour s’institutionnaliser.

 

Patience est de facto requise pour permettre aux jeunes talents de faire leurs gammes au contact de l’équipe première, de la compétition, et d’adversaires chevronnés. D’un pianiste débutant est rarement exigée la maîtrise du troisième mouvement de la Sonate au Clair de Lune de Beethoven ; à l’étudiant en architecture n’est pas non plus confiée la maîtrise d’œuvre d’un musée ; au journaliste à peine diplômé n’échoit jamais la direction d’une rédaction ; et pourtant, le travail et l’expérience permettent à chacun d’atteindre ces objectifs, au gré d’étapes qui forgent des compétences. Or, le football dit moderne ne donne que trop rarement aux jeunes du cru le temps de franchir sereinement ces étapes. En Italie, le primaverino doit être au niveau du titulaire qu’il remplace dès son deuxième match, s’il ne veut pas être transféré à la première occasion. En témoigne le temps de jeu accordé à Daniel Maldini la saison dernière : 143 minutes, un peu plus que les 91 minutes concédées à Lorenzo Colombo la saison précédente, avant l'enchaînement des prêts. En 2007/2008, Alberto Paloschi n’avait pu s’exprimer que pendant 274 minutes. L’année suivante, Matteo Darmian entra en jeu à trois reprises, pour un total de 37 minutes sur le terrain, avant d’être prêté à Padova, puis vendu à Palermo. Au même poste, dix ans plus tard, Raoul Bellanova s’assit cinq fois sur le banc sans jamais entrer en jeu. Matteo Pessina, champion d’Europe 2020, eut aussi droit à sa série de prêts pendant deux ans avant sa cession à l’Atalanta pour 1,78 millions en 2017. Quant à Alessandro Plizzari, vice-champion d'Europe U19 avec Bellanova, le bilan est ravageur : cinq ans de prêts avant son transfert définitif à Pescara cet été ; 38 fois sur le banc en Serie A avec le Milan, sans jamais jouer une minute. Lors de la saison 2013/2014, Riccardo Saponara, 23 ans, en provenance d’Empoli, n’avait été titularisé qu’à trois reprises, pour 243 minutes de jeu en sept matchs.

Plus éloquent encore est l’exemple de Patrick Cutrone, si performant lors de la saison 2017/2018, à 19 ans, avec ses 10 buts en 28 rencontres, dont 17 titularisations, qui ne fit que douze fois partie du onze titulaire la saison suivante, au moment où il eût été bienvenu de le soutenir, de l’épauler, et de favoriser son ascension si joliment amorcée.

 

Quel eût été le destin de ces joueurs s’ils avaient été progressivement et intelligemment intégrés à l’équipe première, dans le cadre d’un projet à long terme que la fin du vingtième siècle, si fructueuse pour les clubs italiens, permettait encore ? Dans quelle mesure le cadre spatio-temporel influe-t-il sur la carrière d’un joueur de football ? Si l’irréel du passé n’appelle aucune réponse catégorique et uniforme, l’histoire nous apprend que l’Italie a su faire croître ses enfants pendant un siècle, lorsque les quotas de joueurs nationaux l’y contraignaient. Nécessité a fait loi, et le palmarès des clubs italiens s'est étoffé. Il serait cruel de rappeler la dérégulation de décembre 1995, l’hubris subséquent des dirigeants, ou la place actuelle du football italien sur la scène européenne.

En revanche, la question du temps long doit inclure la problématique de l’à-propos, de l’opportunité. Il est bien naïf de lister les échecs ultérieurs de certains jeunes talents pour justifier leur exclusion, sans jamais s’interroger sur les disparités entre les performances en U17 / U19 et la déception qui s’ensuit parfois. De telles disparités étaient moins fréquentes au siècle dernier, d’où le questionnement légitime du système actuel. Les sélections de jeunes sont toujours performantes, donc il n’est pas inconsidéré de penser que le bât blesse au moment du passage à l’équipe première, au moment des 150 minutes de temps de jeu par saison, au moment où le jeune attaquant performant est relégué sur le banc, avant son transfert à l’étranger, qui entrave logiquement toute perspective de progression. L’image de la plante qui fane si elle n’est pas arrosée à temps n’est pas nouvelle en ces lieux, mais illustre toujours aussi bien le mal profond du football italien, qui ne prend même plus le temps de savoir ce que ses propres joueurs pourraient devenir dans un cadre propice à leur épanouissement.

 

Patience est requise pour construire un collectif. Ce truisme fait écho au paragraphe précédent, car l’exclusion rapide des jeunes talents italiens, souvent mal remplacés, rend nécessaire le rappel de principes élémentaires : les barrières linguistiques et culturelles s’érigent contre le concept de sport collectif. Si de tels obstacles ne sont pas insurmontables, est-il pour autant nécessaire de les accumuler ou de les systématiser ? La leçon de football n’a jamais été la même en Italie, en Angleterre ou en Espagne, et la joyeuse confusion propre au monde moderne n’est pas encore totalement parvenue à gommer les particularismes nationaux, les modes de vie, de pensée, les différentes écoles de formation, d’où sont issus nos jeunes, modelés pour jouer ensemble. Or, un collectif performant se développe sur le temps long, du centre de formation à l’équipe première. Dans cette optique, l’écrin national présente de sérieux atouts, trop souvent négligés par les dirigeants. Des joueurs issus du même centre de formation s’accorderont mieux que des joueurs issus de centres de formation différents, mais le socle culturel commun favorisera in fine la cohésion des talents. La culture procédant de la géographie, il est contreproductif d’éluder la question nationale, et d’importer massivement des talents étrangers chaque année, au détriment de ceux qui sont ici depuis toujours. Les résultats le démontrent, comme le désintérêt de nombreux supporters, qui s’éloignent peu à peu de clubs qui ne leur ressemblent plus, pour se concentrer sur l’équipe nationale.

 

De surcroît, le système de la préférence étrangère, accentué par le decreto crescità, incite plusieurs joueurs locaux à demander leur transfert très tôt. C’est ainsi que Bryan Cristante souhaita migrer vers Benfica, après avoir joué 149 minutes en Serie A lors de la saison 2013/2014. Muntari et Essien décevaient à chaque rencontre, mais le jeune Cristante n’eut jamais réellement une chance de prouver sa valeur, et la rumeur du recrutement d’un nouveau milieu de terrain au printemps 2014 favorisa la décision d’un jeune joueur désabusé, très conscient de son époque. De la même manière, Manuel Locatelli comprit très vite en juin 2018, que son temps de jeu, déjà amputé de 1000 minutes par rapport à la saison précédente au profit d’un Biglia fantomatique, serait réduit à néant. Aujourd’hui, Cristante et Locatelli jouent plus de trente matchs de Serie A par saison, et sont champions d’Europe en titre, comme Pessina.

Sandro Tonali, quant à lui, a joué trente-six rencontres de Serie A la saison dernière, dont trente-et-une comme titulaire. Pourtant, le Milan était prêt à s’en séparer en juin 2021, après l’avoir envoyé sur le banc au profit de Meite pendant quatre mois. Pour rester dans son club de cœur, le joueur proposa de réduire son salaire, et un accord fut trouvé avec Brescia pour réduire le coût du transfert définitif. Néanmoins, Tonali fut près de subir le même sort que Cutrone et les autres.

Il est coutume de dire qu’un bon chef d’entreprise commet une faute grave en perdant ses bons éléments. Malheureusement, avant de les perdre ou de les pousser au départ, les dirigeants milanistes n’ont jamais été conscients de la valeur de leurs jeunes talents, parce qu’ils ne s’y sont jamais vraiment intéressés. Rappelons toutefois que le phénomène n’est pas récent : en décembre 2006, Cafu donnait des signes de faiblesse sur l’aile droite de la défense milaniste, et Galliani dut dépenser 8 millions d’euros pour recruter Massimo Oddo, formé au club dans les années 90, et cédé pour 1 million au Hellas en 2000. En mai 2007, le Milan remporta sa septième ligue des champions, avec Oddo titulaire sur le côté droit.

 

Privilégier le temps long implique de prêter une attention particulière au recrutement de jeunes joueurs intégrables au collectif, dont il convient de déceler le talent très tôt. C’est la fonction du recruteur, qui doit repérer les joueurs avant que les médias n’en fassent des vedettes.

Les adeptes de la consommation instantanée prônent en général le recrutement mondialisé d’individualités confirmées, en éludant par dogmatisme les critères énoncés plus haut, et en insistant sur l’aspect financier : les joueurs locaux coûteraient trop cher. Penchons-nous donc sur les transferts de quelques champions d’Europe en titre, de 2006 à nos jours :

-             Chiellini, acheté 7,7m à la Fiorentina par la Juve en 2006.

-             Bonucci, acheté 10,5m au Genoa par Bari en 2009.

-             Verratti, acheté 12m à Pescara par le PSG en 2012.

-             Acerbi, acheté 4m au Chievo par le Milan en 2012, revendu au même prix l’année suivante.

-             Jorginho, acheté 9,5m au Hellas par le Napoli en 2013.

-             Berardi, acheté 10m à la Juve par Sassuolo en 2015.

-             Belotti, acheté 8,4m à Palerme par le Torino en 2015.

-             Immobile, acheté 9,45m à Séville par la Lazio en 2015.

En 2015, le Milan a recruté Luiz Adriano pour 8m et Carlos Bacca pour 30m.

 

-             Castrovilli, acheté 1,9m à Bari par la Fiorentina en 2017.

En 2017, après avoir vendu Pessina 1,78m à l’Atalanta, le Milan a recruté Musacchio 18m, Rodriguez 15m, Andre Silva 38m, Calhanoglu 21m, et Biglia 17m.

 

-             Di Lorenzo, acheté 8m à Empoli par le Napoli en 2019.

En 2019, le Milan a recruté Duarte pour 10m et Krunic pour 8m.

 

-             Barella, acheté 32,5m à Cagliari par l’Inter en 2020.

 

Ajoutons trois autres joueurs intéressants :

-             Giuseppe Rossi, acheté 10m à Manchester par Villareal en 2007.

-             Politano, acheté 8,10m à la Roma par Sassuolo en 2016.

En 2016, le Milan a recruté Gustavo Gomez pour 8,5m et Jose Sosa pour 7,5m

 

-             Zaniolo, acheté 4,5m à l’Inter par la Roma en 2018.

En 2018, le Milan a recruté Laxalt pour 14m et Castillejo pour 25m. Six mois plus tard, le duo Paquetà-Piatek arrivait pour plus de 73m.

 

L’argument du coût est donc bien fallacieux, à moins, bien sûr, que les clubs ne lorgnent les joueurs italiens qu’après leur première sélection chez les A, leur promotion médiatique et l’inflation qui s’ensuit. Le cas Zaniolo est, sur ce point, révélateur : estimé à 50 millions d’euros par la Roma cet été, il fut recruté pour 4,5 millions il y a quatre ans. Félicitations aux recruteurs romanisti qui avaient fait leur travail correctement, à temps. Davide Frattesi, international A, proposé au Milan cet été pour la juste somme de 30 millions d'euros, était bien plus abordable l'été dernier, mais le sera sans doute bien moins l'été prochain. Comment ne pas s'ébaubir lorsqu'un club qui a dépensé plus de 20 millions sur Calhanoglu ou sur Castillejo se permet de snobber un talent national comme Frattesi ?

 

 

Le football moderne tisse habilement sa toile : il fait table rase du passé, du patrimoine, et s’accommode des piètres résultats obtenus par des joueurs hors-sol, recrutés par des dirigeants hors-sol. Il ne s’encombre pas de matière première, à laquelle il privilégie des produits pas toujours finis, interchangeables, dont la valeur marchande est souvent plus élevée que la valeur sportive. En Italie particulièrement, l’immédiateté règne aux dépens du temps long, sous couvert d’un économisme peu convaincant, facilement réfutable.

Ce nouveau modèle, aujourd’hui quasi-hégémonique, ne tolère pas l’exception : même les courageux résistants des années 2000 ont fini par courber l’échine. Tous ces clubs avaient d’ailleurs succombé aux sirènes de la Superligue l’année dernière, avant d’être rappelés à l’ordre par leurs supporters, très majoritairement opposés au dévoiement du football européen. Une question de temps ?

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Panorama des arguments en présence

26 Mars 2022 , Rédigé par R.Baggio

Ils soutiennent la Nazionale :

  • En réduisant la quantité, les dirigeants de clubs ont de facto réduit la qualité.
  • Les jeunes stagnent ou régressent après vingt ans parce qu’on les prive du temps de jeu qui leur était autrefois accordé.
  • Les étrangers titularisés font beaucoup moins bien que les Italiens qu’ils ont remplacés, et participent de la destruction d’un jeu « à l’italienne » qui a fait ses preuves.
  • Le long terme doit être privilégié : formation, insertion progressive, patiente et indulgente, promotion des jeunes, ascenseur social ; quitte à se priver provisoirement des titres européens dont nous privent déjà les actuels titulaires.
  • Il faut une adéquation entre un club, une ville, une région, une nation, un peuple.

                                                              

Ils soutiennent le supranationalisme :

  • Les Italiens sont nuls et puis c’est tout.
  • Les jeunes gagnent avant vingt ans parce que leur organisation tactique masque leur faiblesse.
  • Les étrangers sont meilleurs que les Italiens qu’ils ont remplacés, et enrichissent le football italien en vendant des maillots en Chine.
  • Les clubs italiens ne gagnent plus parce qu’il y a encore trop d’Italiens.
  • Nous sommes tous citoyens du monde ; les frontières sont dépassées ; le nationalisme c’est la guerre.

 

Ils font semblant :

  • Les Italiens sont trop chers.
  • Les stades sont trop laids.
  • C’est la faute du sélectionneur.
  • Les clubs sont des entreprises privées, à but lucratif.
  • Il faut des résultats immédiats, donc pas de place pour les jeunes.

 

Ils faisaient déjà semblant il y a vingt ans :

  • La désitalianisation est un fantasme : les Italiens ne seront jamais minoritaires dans leurs clubs.
  • Les étrangers nous ont fait gagner, donc il en faut plus.
  • Le cynisme défensif est dépassé : place aux latéraux qui attaquent, et aux scores fleuves.
  • L’Italie est en fin de cycle, ça reviendra un jour.
  • Ne nous recroquevillons pas sur nous-mêmes, et avançons sereinement vers le progrès.
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L'acmé du football moderne

19 Avril 2021 , Rédigé par R.Baggio

La transformation du football est en marche, et suscite des émotions diverses depuis son annonce officielle hier soir. Il est vrai que cette Super Ligue, pensée par et pour l’élite, semble sortie tout droit d’un film de science-fiction du type Elysium ou Divergente, tant elle bouscule et mitraille l’ordre établi. Mais qui peut honnêtement s’étonner d’une telle évolution d’un sport qui la fomente depuis des lustres ?

 

Le projet Super Ligue, rêve de Berlusconi et ses sbires, faisait déjà la une des médias dans les années 90, sans que personne ne le crût réalisable. Il arrive malheureusement qu’une part non négligeable des victimes doutent du vice et du sadisme de leurs bourreaux. Il y a parfois chez l’homme cette naïveté consentie, entretenue et rassurante, qui entrave toute anticipation des sévices dont ne manquent pas de l’accabler ses élites. La Super Ligue est-elle plus impopulaire que certaines réformes annoncées dans des programmes présidentiels que personne ne lit ? Irrite-t-elle davantage le peuple du football que le laxisme et la bienveillance accordés par les séides du mondialisme aux agresseurs du quotidien ? Surtout, qui peut décemment feindre la surprise, après deux décennies de signes avant-coureurs dénoncés par les lanceurs d’alertes ? Non, nous ne pouvons que constater l’aboutissement d’un processus amorcé il y a longtemps, jalonné d’étapes aussi destructrices que son point d’orgue.

 

La critique la plus évidente, omniprésente dans la presse du jour, est la suppression de la méritocratie sportive. Le club des ultra-riches ne tolère plus l’insubordination des petits, qui osaient encore parfois l’écorner à la loyale sur le terrain, et faire ainsi barrage à son désir d’hégémonie. Comment ne pas songer à la célèbre et péremptoire réplique de Don Salluste dans La folie des grandeurs : les pauvres c’est fait pour être très pauvre et les riches très riches. Ce personnage, créé par Victor Hugo dans Ruy Blas, ne renierait sans doute pas la ségrégation footballistique dont il est question aujourd’hui, qui prive le sport roi de ses deux principales saveurs : l’incertitude, et l’exploit qu’elle induit parfois. Certes, la somme de 350 millions promise à chaque participant est plus élevée que les trente deniers qu’empocha Judas pour trahir le Christ, mais compense-t-elle ce que perdront inéluctablement les clubs et les joueurs en cédant ainsi aux sirènes de la finance mondialisée ?

 

En effet l’UEFA, la FIFA et les fédérations nationales, bien qu’idéologiquement déflorées depuis longtemps, n’ont pas tardé à réagir en menaçant d’exclure les coupables de toutes les compétitions nationales et internationales. En admettant que la sentence soit officiellement prononcée et appliquée, et que les pertes financières engendrées par la migration des clubs de l’élite ne pèsent plus lourd dans la décision que le désir de virginité éthique retrouvée, le nouveau contexte qui s’ensuivra permettra de trier les joueurs vénaux et les vrais patriotes : on nous rebat les oreilles à longueur de journée de la nouvelle génération de citoyens du monde, globe-trotters sans-frontiéristes et déracinés, donc le marché des transferts risque d’être, pour une fois, passionnant. Qui osera se priver de Coupe du Monde ? Qui jouira des huées et des quolibets du peuple enraciné, qui soutient invariablement son équipe nationale, entonne l’hymne et brandit le drapeau ? Il y en aura, bien sûr, comme il y en a qui jouent en Chine et d’autres qui influencent à Dubaï, mais combien seront-ils, et surtout, que récolteront-ils ?

 

Au fond, nous savons que les menaces des instances internationales ne sont jamais irrévocables, et que tout cela n’est que pure conjecture, d’autant qu’une bataille juridique de longue haleine se tiendra dans les prochains mois. Néanmoins, les signataires ont bien vendu leur âme à Mammon, et parachevé leur déshumanisation. Les sponsors et leurs contraintes — tournées à l’étranger, placements obligatoires de produits —, le naming, le parachutage et la préférence étrangère ont déjà détruit l’essence du football et du jeu, particulièrement en Italie. Le Milan, la Juve et l’Inter du 2+9 ou du 1+10 n’ont plus rien de milanais ou de turinois, ni d’Italien, hormis le territoire qu’ils occupent. Ils renient leur identité depuis trop longtemps, au grand dam de nombreux supporters locaux. Leur exclusion de la Serie A serait par conséquent logique et bienvenue ; leur exclusion du territoire italien, avec naming à la clef, n’en serait pas moins juste, et permettrait au Torino d’être ce qu’il est déjà dans le cœur des supporters : le seul club de la ville. Un nouveau club milanais pourrait voir le jour, et retrouver la fierté qui permit en 1908 au Milan de rester Milan. Pourquoi ne pas l’appeler AC Milano ?

 

 

 

La presse mainstream, qui relaie chaque jour l’opinion minoritaire des éternels choqués, doit aujourd’hui se faire l’écho de la majorité, tant l’impopularité du projet Super Ligue est flagrante, malgré l’argument captieux de ses promoteurs, qui prétendent donner au public ce qu’il attend. En réalité, dans un monde qui piétine les résultats des rares référendums autorisés, qui se soucie encore réellement de la volonté du peuple ?

Cela dit, l’histoire des peuples et des nations regorge d’exemples de renaissances, de résurrections ; et les supporters, souvent plus loyaux que ceux qui composent leur équipe, pourront toujours rebâtir et réanimer ce qui les lie au club de leur ville depuis toujours : l’enracinement, l’histoire, la tradition, la culture, le patrimoine, la fidélité et la pérennité. Tant de valeurs qui feront perdurer la passion pour le football bien au-delà des soubresauts de la Super Ligue.

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Le supporter et le sol

27 Juillet 2020 , Rédigé par R.Baggio

Dire que le football a changé depuis vingt ans est un lieu commun. Constater les effets de cette évolution sur les mentalités l’est un peu moins. Des stades impersonnels sponsorisés aux clubs déracinés et déculturés, en passant par le reniement des particularismes tactiques, tout valide la thèse de la modernisation du football. Face à de tels bouleversements, perçus comme une bénédiction par les uns, et comme une décadence par les autres, une constante subsiste : les supporters. Sommés de se moderniser aussi, ils accompagnent avec plus ou moins d’appétence ce qui leur est souvent présenté comme une fatalité. Qu’ils aient connu le football d’antan, qu’ils supportent une équipe nationale, qu’ils aient le souci de la préservation d’un patrimoine et de valeurs, peut influer sur leur appréciation du football d’aujourd’hui.

 

On distingue les très modernes mondialistes, pour qui les nations sont des entités néfastes, d’un autre temps, qu’il faudrait éradiquer, quoi qu’il en coûte. Contrairement à l’immense majorité des supporters, ils honnissent les équipes nationales, et se réjouissent donc de la disparition des locaux dans les clubs, ainsi que des associations de joueurs et des automatismes qu’offraient jadis les clubs aux équipes nationales. Il faut leur reconnaître le mérite de la cohérence et de l’honnêteté. En général ils assument, tout en alléguant le faible niveau des autochtones. On imagine leur embarras lorsque les jeunes du cru arrivent plusieurs années d’affilée en finale des compétitions européennes, mais les mondialistes ne s’encombrent ni de palmarès, ni de statistiques : seule compte la cause.

Ils font fi des paramètres géographiques ou culturels, et balaient d’un revers de main toute notion d’héritage ou d’identité, qu’ils assimilent à un anachronique folklore. Pour les mondialistes, entre le Milan et l’Inter, ce n’est qu’affaire de couleur de rayures.

 

Il y a les modernistes purs et durs, adeptes du galactisme (même du pauvre) et qui, tout en supportant une équipe nationale, encouragent l’évolution antinationale du football, en estimant que ce qui vient de l’étranger est forcément supérieur, ou aussi bien, mais moins cher (malgré les innombrables contre-exemples), et persistent par leur suivisme à valider la destruction des équipes nationales, mais aussi de l’enracinement, du patrimoine, de l’héritage, et de l’essence d’un club. Sous couvert d’économisme, ils se font complices des mondialistes, sans l’assumer complètement.

 

Il y a les résignés, qui ont connu et apprécié l’époque pas si lointaine du football vraiment national, avant de courber l’échine. Leur doxa se décline en slogans du type : « le monde a changé, on n’aime pas mais c’est comme ça, on n’y peut rien, donc on accepte. » Ceux-là, qui chaque année essaient de nous faire croire que la nouvelle pépite à 40 millions d’euros est bien meilleure que celle qui nous avait déçus l’année précédente, ceux-là ont abdiqué, et encouragent par leur soumission l’évolution antinationale du football.

 

Enfin, il y a les réactionnaires, souvent vilipendés, ringardisés, voire diabolisés, qui ont à la fois le souci du niveau de l’équipe nationale qu’ils supportent, mais plus généralement des équipes nationales, parce qu’ils préféreront toujours regarder un Mondial qu’une ligue des champions. Les courbes d’audience comparatives permettent d’estimer leur nombre. Souvent, d’ailleurs, ils ont la nationalité du club qu’ils supportent (on peut le constater en comparant la teneur des commentaires sous les articles des journaux italiens à ce qu’on lit sur certains forums francophones).

Mais, bien au-delà de l’inconditionnel soutien à l’équipe national, il y a la critique du club hors-sol, le rappel que chaque club occupe un stade, une ville, un territoire, et qu’il doit donc en retour produire pour ce territoire. Il y a aussi l’idée que les supporters locaux, qui payent leur billet d’entrée au stade, qui gravitent toute la semaine autour de ce même stade, doivent pouvoir s’identifier au club, à ses valeurs, à son histoire. Rien de très moderne, en somme.

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La sostituzione moderna

27 Juillet 2019 , Rédigé par R.Baggio

À l’heure où le rossonero vire au nerazzurro du côté de Milanello, Patrick Cutrone est contraint de s’exiler en Angleterre. Deux ans après son éclosion fulgurante et la mise au pas de Kalinic et Silva, internationaux croate et portugais, le Milan le congédie au profit de Leao, autre international portugais, remplaçant en Ligue 1, dont l’efficacité devant le but semble moins évidente que l’insolente somme déboursée par le Milan, dépeint comme impécunieux depuis des mois. À la moins-value financière s’ajoutent donc les doutes sur le niveau réel du remplaçant et la déception des tifosi de San Siro, qui avaient fait de Cutrone leur favori depuis deux ans, et lui avaient renouvelé leur attachement via divers sondages sur des sites milanistes ces dernières semaines.

 

Cependant, la énième trahison du peuple milaniste par ses dirigeants ne surprend guère, car la disgrâce du jeune attaquant italien a été minutieusement orchestrée en amont, dès l’été 2018. Après la saison de la révélation, la relégation sur le banc des deux internationaux étrangers, et les dix buts inscrits en championnat, miraculeux eu égard à l’aridité de l’animation offensive milanaise ; après avoir gagné de haute lutte ses galons de titulaire, Cutrone a dû s’éclipser, et laisser place à un Higuain moribond, expédié en Angleterre six mois plus tard. Puis, la réussite immédiate de Piatek et l’obstination de Gattuso pour un 433 toujours stérile ne lui ont laissé que trop peu de temps de jeu et d’occasions pour se rappeler au bon souvenir de San Siro, qui le réclamait à chaque rencontre.

 

Le football moderne préfère les défenseurs qui attaquent, quitte à moins bien défendre ; et les attaquants qui défendent, quitte à moins marquer. On reproche au jeune attaquant de vingt-et-un an de n’être que finisseur, de ne vivre que pour sa fonction d’avant-centre, et de combler moins bien que son remplaçant les lacunes des milieux offensifs et des ailiers. On lui reproche en somme d’être spécialiste, donc anachronique dans un football qui exige que tous fassent tout à moitié. Cutrone paye les imprécisions de Castillejo et Kessie, l’irrégularité de Suso et les lacunes de Calhanoglu. Ses coéquipiers ont incontestablement failli en privant leur buteur de ballons exploitables, et entamé au fil des mois la confiance qui fonde l’efficacité d’un buteur à tout âge. Pourtant, ils sont maintenus.

 

Pire, le Milan ne sait plus valoriser un potentiel. Un talent se pétrit, se modèle, se cultive et se développe… au moment opportun. Des dirigeants constructifs ne peuvent ignorer qu’une progression doit être soutenue et encouragée à l’instant T : on ne bride pas un joueur en pleine ascension. Exclure un jeune talent de son cocon le prive de ses repères, de ses racines, et hypothèque gravement les perspectives de réussites. Peut-être faut-il y voir le principal élément de réponse à la question que se posent de nombreux observateurs du football italien : pourquoi les jeunes qui, comme les U17 depuis deux ans, brillent avec leur sélection, ne percent-ils pas davantage en équipe première ? Si, en juillet 2018, alors en pleine confiance, Cutrone avait été confirmé dans les fonctions qu’il avait conquises par son travail et sa détermination, la situation serait certainement très différente aujourd’hui. De surcroît, une meilleure animation offensive, conditionnée par le recrutement de milieux de terrain et/ou d’ailiers plus créatifs et réguliers, aurait sans doute perpétué la confiance et l’efficacité de l’attaquant.

 

Les clubs italiens, qui brillaient avec les jeunes du cru, déchoient désormais sans eux. À l’heure où le peuple italien lutte pour ses emplois, la sauvegarde de son patrimoine culturel et son identité, le Milan cherche à se départir chaque année un peu plus de ses valeurs originelles, à exclure ses jeunes talents (cf. Plizzari et Bellanova), et à parfaire son intérisation, au mépris des aspirations du peuple de San Siro. C’est le football moderne : déraciné, déculturé, mais surtout nouveau, donc mieux, et à marche forcée, pour Cutrone comme pour nous.

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Du football des nations

11 Juillet 2018 , Rédigé par R.Baggio

Le niveau est minable ; les grandes nations ne sont pas à la hauteur ; les ballons d’or sont éliminés.

Ainsi s’expriment de nombreux observateurs depuis quelques semaines à propos du Mondial russe. Nous décidons de laisser de côté les habituels commentaires russophobes qui jalonnent les articles bien-pensants, car notre intérêt se porte bien davantage sur le terrain et les quelques conclusions qu’il nous suggère, immanquablement liées aux idées développées sur ce blog depuis une dizaine d’années.

Par définition, une équipe nationale est un agrégat de talents nationaux, appelés pour porter haut les couleurs de leur pays, pour le représenter dignement, et lui faire honneur dans des compétitions qui passionnent le monde entier. Il semblerait donc logique que la cohésion collective d’une équipe nationale soit inférieure à ce qu’un entraîneur de club bâtit en plusieurs mois, plusieurs années parfois. Pour contourner cette difficulté, les sélectionneurs se sont de tout temps appuyés sur les ossatures des meilleurs clubs du pays, afin d’intégrer à leur équipe les automatismes préexistants. Par exemple, l’Italie 94 était bâtie sur le socle milanais champion d’Europe en titre ; l’Espagne 2008-2014 sur le canevas barcelonais, etc.

A cette constatation doit s’ajouter la cohésion culturelle qui liait les joueurs de chaque pays : en Italie, les écoles de football enseignaient à tous les mêmes valeurs, enracinées dans un patrimoine bien défini. Il y avait une école italienne du cynisme et de la défense, une école allemande de la rigueur, une école anglaise du fighting spirit. Ces concepts abstraits, que les mondialistes relativisent et dénigrent en les qualifiant de clichés ou de folklore, étaient pourtant concrètement déclinés en une série de préceptes inculqués aux aspirants footballeurs, développés en club et consacrés en sélection. Surtout, les amateurs de football savaient que les multiples identités de jeu transmises de génération en génération se confrontaient tous les deux ans, au rythme des compétitions internationales.

La conséquence positive du système d’alors était la compatibilité presque essentialiste de joueurs issus de clubs différents. La couleur locale était en réalité couleur nationale, et rassemblait joueurs, jeux et mentalités. Les collectifs étaient donc rodés, efficaces, agréables à regarder, mais ils affirmaient surtout une identité : une conception du football propre et consubstantielle à un territoire, une langue, une histoire, une culture, un peuple, une nation. Le but était de prouver que le football de son pays prévalait sur ceux pratiqués par les adversaires. En somme, c’était une transposition au sport des multiples conflits des siècles passés.

Ce mondial démontre un peu plus encore que les précédents à quel point la mondialisation des clubs a tué le football des nations. L’Italie pas qualifiée, l’Allemagne humiliée, l’Espagne balayée : les trois derniers champions sont à différents degrés d’agonie. Il suffit de regarder l’effectif actuel du Barça champion d’Espagne ou de la Juve championne d’Italie pour en comprendre les causes. Même constatation chez leurs dauphins d’ailleurs : les autochtones sont bien rares. Sans matière première, les sélectionneurs nationaux peinent à reconstituer les associations d’antan, à l’heure où la formation et les identités de jeu s’aseptisent. Même le Brésil et l’Argentine apparaissent dénaturés.

Il est assez ironique de retrouver les Three Lions à un stade avancé d'une compétition, pour la première fois depuis 1996. Serait-ce la conséquence de la homegrown player rule, de l’ingéniosité de Southgate, ou simplement d’un tirage au sort avantageux ? Un point ne fait pas débat : hormis Pickford, les titulaires jouent tous dans le Big Four. Les Anglais, précurseurs du football moderne, cosmopolite et mondialisé à la fin des années 90, retrouveraient-ils la voie de la raison, fortement motivés par les contraintes liées à l’application prochaine du Brexit ? Autre ironie savoureuse : alors que la sélection anglaise a officiellement pris ses distances avec le kick and rush traditionnel, elle est toujours aussi dominatrice et décisive dans le secteur aérien, comme s’il était impossible de gommer certaines aspérités.

Finalement, la faillite des grandes nations de football a permis à d’autres, peu habituées aux quarts de finale, de se mettre en évidence : des petits pays comme la Belgique et la Croatie auront vendu chèrement leur peau. L’équipe d’Uruguay, privée de son meilleur joueur et de la lucidité de son gardien, aura tenu tête à la France. Enfin, la Russie, malgré des limites techniques évidentes, est passée près de la demi-finale. Des joueurs plus ou moins talentueux, mais surtout dévoués à la cause nationale, auront, avec leurs armes, tenu tête aux ténors du football.

Malgré ces transformations à marche forcée, une certitude demeure : les audiences d’une coupe du monde écrasent toujours celles des compétitions de club. La ferveur populaire n’a jamais quitté l’équipe nationale, quel qu’en soit le niveau. À l’heure où les résultats des élections dans la plupart des pays d’Europe réaffirment la prédominance de l’identité nationale sur toute autre considération, le football n’est que la vitrine des dichotomies peuple/élite, patriotisme/mondialisme, consommateur/citoyen. Les tentatives plus ou moins heureuses de contourner le carcan bruxellois – homegrown player rule en Angleterre, loi Tavecchio en Italie – ne sont que les prémices du ré-enracinement des peuples, qui aspirent à se réapproprier leur identité. Sans doute dans quelques années retrouverons-nous un football des nations à l’image des nations. C’est le sens enthousiasmant de l’histoire.

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